giovedì 22 ottobre 2020

Centri di riabilitazione - altre considerazioni

Trovare un centro di riabilitazione o di lungo degenza che abbia posti liberi e sia decente (oltre che non troppo lontano da dove abita il malato ed i suoi familiari), già di per se, è impresa non semplice. Diventa assai più difficile quando il malato non è più giovanissimo. 

Una delle questioni da tenere in  estrema considerazione per questo tipo di patologie è che l'ospedale tenderà a dimettere il malato non appena passato il pericolo di vita e la situazione si sia stabilizzata. Per cui si deve pensare subito a dove farlo trasferire e muoversi in tal senso. Solitamente le richieste partono dall'ospedale stesso in cui il paziente è ricoverato ma la burocrazia è una brutta bestia. 

Facemmo tantissime ricerche e, come al solito, grazie ad un amico stretto riuscimmo a far ricoverare nostro padre dentro uno di questi centri, dove pagando un supplemento potette godere di una stanza singola. 

Una delle caratteristiche di questi centri riabilitativi è che se il paziente non collabora e non si mostra attivo da subito non viene più seguito

Purtroppo hanno poco personale in relazione alle reali esigenze della struttura e dei malati. Ovviamente mio padre non si mostrò per nulla collaborativo e dopo non molto tempo, come logico, venne quasi abbandonato. 

In tutta franchezza non mi sento di biasimare il personale delle strutture riabilitative dove è stato mio padre, che si è molto prodigato per il suo recupero. Purtroppo la riabilitazione, qualunque essa sia, è una lavoro lungo e doloroso e come tale va affrontato. Solo con una ferrea volontà si può sperare di ottenere dei miglioramenti, ma forse a mio padre non interessava. Forse non interessava tornare alla vita di prima. La sensazione che mi diede fin dall'inizio fu proprio questa.  

 


martedì 14 aprile 2020

Centri di riabilitazione

Prendo spunto da qualche domanda che mi è stata rivolta in questi giorni per precisare alcuni aspetti sui centri di riabilitazione, specialmente in ordine a quanto capitò a mio padre.

Prima considerazione. Riuscire ad entrare nei centri di riabilitazione è molto difficile, stante l'alto numero di persone che ne hanno bisogno in rapporto alle strutture esistenti e la permanenza  è limitata a massimo sessanta giorni.

Seconda considerazione. Per accedere il malato deve avere un quadro clinico buono, cioè vi deve essere la concreta possibilità di recupero, altrimenti molto difficilmente verrà accettato. Inoltre, da quanto mi ricordi io, non venivano ammessi malati con deficit cognitivi. Parliamo, ci tengo a sottolinearlo, di centri di riabilitazione.

Terza considerazione. Queste strutture sono spesso in carenza di organico, per cui gli operatori all'interno hanno un notevole carico di lavoro. Se il paziente non si mostra collaborativo fin da subito, il più delle volte viene messo da parte per dare spazio a quelli più volenterosi.

Giulietto riuscì ad entrare dentro queste strutture diverso tempo dopo l'operazione per l'aneurisma cerebrale, stante le complicazioni avute a livello clinico. Il quadro che si prospettava era di un buon recupero. Danni a livello cognitivo non ne aveva avuti. Aveva problemi motori sulla parte sinistra del corpo. Gli stessi esami neurologici svolti durante tutto il periodo di permanenza nelle varie strutture sanitarie (durato quasi un anno), avevano escluso grossi danni, salvo alle terminazioni nervose periferiche, cioè ai piedi che non riusciva quasi a muovere.

Fin dall'ingresso nella prima struttura mio padre si mostrò insofferente ad ogni forma di recupero. Non ne voleva sapere di fare alcun esercizio ne, tanto meno, di seguire un programma di riabilitazione. In ogni centro di riabilitazione dove andava il copione era più o meno lo stesso e dopo poco, sebbene risultasse molto simpatico a quasi tutto il personale sanitario, veniva lasciato in disparte. Quando tornò a casa la situazione non migliorò, sebbene ci fossimo rivolti a numerosi fisioterapisti.