lunedì 24 settembre 2018

Attenti agli avvoltoi!!!!!

Durante la prima fase post-operatoria dovemmo fare i conti con tanti “avvoltoi” che, nonostante la grave situazione in cui versava mio padre e le numerose difficoltà a cui andammo incontro, non esitarono un attimo a mostrarsi per quello che erano. Parlo di un paio di colleghi (di cui potrei fare i nomi.....) in particolare e di qualche conoscente che si spacciava per  “amico”.

Un collega mandò in giro la voce che mio padre non si sarebbe più ripreso e, di lì a poco, lo studio sarebbe stato chiuso quando, in realtà, avevamo ben altri programmi, dato che a mio padre mancava del tempo per arrivare alla pensione e l'attività professionale era la sua unica fonte di sostentamento.

Un altro collega, invece, arrivò addirittura a contattare alcuni clienti di mio padre proponendo trattamenti di favore. Parliamo di persone affermate nel loro campo, non di gente alle prime armi....

Le cose ci furono riferite e mi imbestialii nel vero senso della parola. Avrei voluto chiamare quei due delinquenti, perchè di questo si trattava, di due delinquenti, e dir loro che non si sarebbero dovuti più permettere nemmeno di nominare il nome di mio padre. Ma poi mi invitarono a desistere.

Ciò che mi urtò non poco fu che entrambi questi colleghi si spacciarono in passato come persone estremante affezionate e rispettose del lavoro di mio padre. Uno di questi due “galantuomini” si spacciava per grande amico di mio padre e la compagna era pure diventata amica di mia zia.....

Sulle altre persone che se ne approfittarono il discorso fu diverso. Mio padre era un serio professionista ed affermato nel suo campo, dotato di una competenza tecnica e di una bravura fuori dal comune, ma assai latitante dal punto di vista prettamente commerciale. Accadeva, quindi, che molti non pagassero o pagassero in minima parte le prestazioni di mio padre, senza che lui se ne dolesse più di tanto.

Quando mio padre stette male, ed apparve lampante che le cose in questo senso sarebbero cambiate, anche se non totalmente, questi soggetti sparirono dal giorno alla notte e quando chiedemmo qualche favore fecero finta di niente! 

mercoledì 5 settembre 2018

L'aneurisma cerebrale. Un nuovo approccio

Tecnicamente parlando, mio padre aveva una malformazione ad una vena cerebrale, che avrebbe potuto causare l'aneurisma in qualsiasi momento e sarebbe potuta essere rilevata con una tac effettuata con liquido di contrasto. I medici, però, non potevano conoscere tutto il percorso che portò mio padre all'aneurisma, anche se qui si esula da un campo prettamente scientifico, per entrare in quello dogmatico.

Dalla morte di mia madre, avvenuta nel 2001 per tumore ai polmoni e dopo un anno di agonia, nonostante fossero separati da tempo e facessero vite opposte, mio padre sembrò entrare in una spirale autodistruttiva. Fumava tre pacchetti di sigarette al giorno, beveva una decina di caffè, mangiava tanto e tutte le peggiori schifezze, eccetto lo yogurt all'ora di pranzo e dal venerdì, quando chiudeva l'attività professionale, andava avanti ad alcool in quantità industriali. Parliamo non di qualche bicchiere, ma di bottiglie intere di whisky.....
A ciò aggiungiamo il notevole stress causato da una situazione familiare pesante e da un'amichetta in particolare che, scoprimmo dopo, lo aveva ridotto sul lastrico.

All'epoca mio padre aveva sessantadue anni. Se avessi fatto io a trentacinque anni, per un paio di mesi soltanto, la vita che fece lui per quasi quattro anni, sarei scoppiato nel giro di breve tempo.

Siccome mi aspettavo che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave, iniziai a controllarne movimenti ed orari. Il giorno in cui ci fu l'aneurisma gli salvai la vita per mera casualità. Destino. Stavo tornando sul mio scooter a casa, dopo essere andato a svolgere gli adempimenti preliminari per l'esame da avvocato (consegna dei codici e riconoscimento), quando in mezzo alla strada mi fermò un suo amico stretto, dicendomi che sarebbe dovuto venire a studio da lui (che si trovava nello stesso palazzo in cui abitavamo) ed invitandomi a scendere per prendere un caffè tutti insieme. Tornai a casa, pranzai e mi misi a riposare, come fece anche mio padre che era solito scendere allo studio almeno mezz'ora prima che iniziasse l'attività. Quando vidi che non si era alzato, bussai alla porta della camera. Non rispose. Misi l'orecchio sulla porta e sentii un respiro profondo. Entrai di corsa e lo trovai nel letto girato. Pensai ad un infarto e provai con un massaggio cardiaco. In preda al panico chiamai immediatamente l'ambulanza.

Ognuno può trarre le considerazioni che vuole da questo racconto. A me e gli amici più stretti, che conoscevano la sua storia, è parso ovvio che l'aneurisma cerebrale sia stato causato dal processo autodistruttivo a cui mio padre era andato incontro.

Scampato il pericolo, passato qualche tempo in ospedale dopo l'operazione al cervello, capii subito che se non avesse approcciato alla vita in maniera totalmente differente rispetto a prima, non sarebbe potuto tornare quello di prima, almeno per quanto riguarda l'autosufficienza.
Ero conscio del fatto che in qualche modo l'aneurisma avrebbe lasciato dei segni non solo fisici, ma anche psicologici. Ma non compresi immediatamente quali.
Non appena mio padre mio padre iniziò ad avere piena coscienza di se e del suo stato, iniziai ad avere delle avvisaglie su come si sarebbe approcciato in questa nuova vita. E non furono positive.....

Fu immediatamente informato di cosa era successo e dello stato in cui si trovava, ma a lui non sembrò interessare più di tanto, così come non fece domande (almeno che ricordi io) della situazione lavorativa. Chiedeva solo di noi familiari e delle persone più strette.

Considerai seriamente l'idea che non sarebbe mai più tornato ad una vita autonoma nonostante, come ci dissero dopo un approfondito esame neurologico, i problemi di mobilità riguardavano solo i piedi.