lunedì 29 ottobre 2018

Momenti preziosi!

In questi giorni sono un poco giù di corda, in quanto mi viene in mente uno dei momenti che dividevo con Giulietto e che per noi era quasi sacro: parlo del rito del “Vino Novello”.

A raccontarla così può sembrare una stupidata, e magari lo era pure, ma da sempre io e Giulietto, quando arrivava il periodo ottobre-novembre, andavamo in pieno fermento per bere insieme una bottiglia di questo vino. Alcune volte capitava che diventasse un vero e proprio incubo trovare del buon vino, ma era un pensiero che avevo il piacere di avere.

Questo piccolo racconto per dire di godersi il più possibile i momenti con le persone care. A volte ho la sensazione di essermi perso qualcosa con lui, ma forse è solo perchè non ti senti mai pronto a salutare definitivamente una persona che ami. Tra i vari ricordi, quasi quotidiani, c'era il rito del caffè che prendevamo spesso insieme e della partita della Lazio, tanto per citarne alcuni. Erano piccoli momenti che ci univano molto.

A me Giulietto manca molto ed anche se la sua scomparsa, almeno finora, mi ha dato una carica incredibile poiché lo sento vicino a me, tuttavia alcune volte quando ripenso al passato, a quanto vorrei ancora dividere spezzoni di vita con lui.

lunedì 24 settembre 2018

Attenti agli avvoltoi!!!!!

Durante la prima fase post-operatoria dovemmo fare i conti con tanti “avvoltoi” che, nonostante la grave situazione in cui versava mio padre e le numerose difficoltà a cui andammo incontro, non esitarono un attimo a mostrarsi per quello che erano. Parlo di un paio di colleghi (di cui potrei fare i nomi.....) in particolare e di qualche conoscente che si spacciava per  “amico”.

Un collega mandò in giro la voce che mio padre non si sarebbe più ripreso e, di lì a poco, lo studio sarebbe stato chiuso quando, in realtà, avevamo ben altri programmi, dato che a mio padre mancava del tempo per arrivare alla pensione e l'attività professionale era la sua unica fonte di sostentamento.

Un altro collega, invece, arrivò addirittura a contattare alcuni clienti di mio padre proponendo trattamenti di favore. Parliamo di persone affermate nel loro campo, non di gente alle prime armi....

Le cose ci furono riferite e mi imbestialii nel vero senso della parola. Avrei voluto chiamare quei due delinquenti, perchè di questo si trattava, di due delinquenti, e dir loro che non si sarebbero dovuti più permettere nemmeno di nominare il nome di mio padre. Ma poi mi invitarono a desistere.

Ciò che mi urtò non poco fu che entrambi questi colleghi si spacciarono in passato come persone estremante affezionate e rispettose del lavoro di mio padre. Uno di questi due “galantuomini” si spacciava per grande amico di mio padre e la compagna era pure diventata amica di mia zia.....

Sulle altre persone che se ne approfittarono il discorso fu diverso. Mio padre era un serio professionista ed affermato nel suo campo, dotato di una competenza tecnica e di una bravura fuori dal comune, ma assai latitante dal punto di vista prettamente commerciale. Accadeva, quindi, che molti non pagassero o pagassero in minima parte le prestazioni di mio padre, senza che lui se ne dolesse più di tanto.

Quando mio padre stette male, ed apparve lampante che le cose in questo senso sarebbero cambiate, anche se non totalmente, questi soggetti sparirono dal giorno alla notte e quando chiedemmo qualche favore fecero finta di niente! 

mercoledì 5 settembre 2018

L'aneurisma cerebrale. Un nuovo approccio

Tecnicamente parlando, mio padre aveva una malformazione ad una vena cerebrale, che avrebbe potuto causare l'aneurisma in qualsiasi momento e sarebbe potuta essere rilevata con una tac effettuata con liquido di contrasto. I medici, però, non potevano conoscere tutto il percorso che portò mio padre all'aneurisma, anche se qui si esula da un campo prettamente scientifico, per entrare in quello dogmatico.

Dalla morte di mia madre, avvenuta nel 2001 per tumore ai polmoni e dopo un anno di agonia, nonostante fossero separati da tempo e facessero vite opposte, mio padre sembrò entrare in una spirale autodistruttiva. Fumava tre pacchetti di sigarette al giorno, beveva una decina di caffè, mangiava tanto e tutte le peggiori schifezze, eccetto lo yogurt all'ora di pranzo e dal venerdì, quando chiudeva l'attività professionale, andava avanti ad alcool in quantità industriali. Parliamo non di qualche bicchiere, ma di bottiglie intere di whisky.....
A ciò aggiungiamo il notevole stress causato da una situazione familiare pesante e da un'amichetta in particolare che, scoprimmo dopo, lo aveva ridotto sul lastrico.

All'epoca mio padre aveva sessantadue anni. Se avessi fatto io a trentacinque anni, per un paio di mesi soltanto, la vita che fece lui per quasi quattro anni, sarei scoppiato nel giro di breve tempo.

Siccome mi aspettavo che prima o poi sarebbe successo qualcosa di grave, iniziai a controllarne movimenti ed orari. Il giorno in cui ci fu l'aneurisma gli salvai la vita per mera casualità. Destino. Stavo tornando sul mio scooter a casa, dopo essere andato a svolgere gli adempimenti preliminari per l'esame da avvocato (consegna dei codici e riconoscimento), quando in mezzo alla strada mi fermò un suo amico stretto, dicendomi che sarebbe dovuto venire a studio da lui (che si trovava nello stesso palazzo in cui abitavamo) ed invitandomi a scendere per prendere un caffè tutti insieme. Tornai a casa, pranzai e mi misi a riposare, come fece anche mio padre che era solito scendere allo studio almeno mezz'ora prima che iniziasse l'attività. Quando vidi che non si era alzato, bussai alla porta della camera. Non rispose. Misi l'orecchio sulla porta e sentii un respiro profondo. Entrai di corsa e lo trovai nel letto girato. Pensai ad un infarto e provai con un massaggio cardiaco. In preda al panico chiamai immediatamente l'ambulanza.

Ognuno può trarre le considerazioni che vuole da questo racconto. A me e gli amici più stretti, che conoscevano la sua storia, è parso ovvio che l'aneurisma cerebrale sia stato causato dal processo autodistruttivo a cui mio padre era andato incontro.

Scampato il pericolo, passato qualche tempo in ospedale dopo l'operazione al cervello, capii subito che se non avesse approcciato alla vita in maniera totalmente differente rispetto a prima, non sarebbe potuto tornare quello di prima, almeno per quanto riguarda l'autosufficienza.
Ero conscio del fatto che in qualche modo l'aneurisma avrebbe lasciato dei segni non solo fisici, ma anche psicologici. Ma non compresi immediatamente quali.
Non appena mio padre mio padre iniziò ad avere piena coscienza di se e del suo stato, iniziai ad avere delle avvisaglie su come si sarebbe approcciato in questa nuova vita. E non furono positive.....

Fu immediatamente informato di cosa era successo e dello stato in cui si trovava, ma a lui non sembrò interessare più di tanto, così come non fece domande (almeno che ricordi io) della situazione lavorativa. Chiedeva solo di noi familiari e delle persone più strette.

Considerai seriamente l'idea che non sarebbe mai più tornato ad una vita autonoma nonostante, come ci dissero dopo un approfondito esame neurologico, i problemi di mobilità riguardavano solo i piedi.

martedì 24 luglio 2018

Quale riabilitazione ????

Nel frattempo mio padre, fortunatamente, dava segni di ripresa concreti ed eravamo tutti più contenti anche se, come al solito, non sapevamo quando e come ne sarebbe uscito. I medici ad un certo punto si sbilanciarono dicendo che l'aneurisma cerebrale aveva creato solo problemi motori, non inficiando in alcun modo sulla capacità cognitiva ed espositiva. Progressivamente Giulietto iniziava a riprendere conoscenza e stare meglio.

Dentro di me sapevo che c'era il rischio di trovarmi un'altra persona davanti rispetto a quella che conoscevo, ma non mi importava. Volevo solo che uscisse quanto prima da quella situazione. Poi avrei fatto i conti con quello che sarebbe stato.

Quando in clinica apparve quasi certo che mio padre si sarebbe ripreso, ci dissero che sarebbe dovuto andare per un tempo imprecisato, ma non brevissimo, in un centro di riabilitazione motoria ove riprendere le funzionalità. Cercammo di capire dove portarlo. Quale sarebbe stata la soluzione migliore per lui. Nel valzer di informazioni e consigli che ci arrivarono, un giorno mi chiamò zia Patrizia di Milano, che mi suggerì un centro nel comasco specializzato nel recupero di pazienti con problematiche come quelle di mio padre, insistendo che lo avremmo dovuto portare lì.

Le opzioni erano due: portare mio padre in quel centro, lasciarlo da solo e vedere se in quel modo si sarebbe dato da fare per recuperare nel più breve tempo ben sapendo che io, mio fratello e mia zia lo avremmo visto poco (Zia Patrizia, comunque, ci aveva dato tutta la sua disponibilità per aiutarlo). L'altra alternativa era quello di trovare una soluzione a Roma in modo da poterlo monitorare in continuazione e vederlo spesso. Zia Patrizia ci disse che secondo lei la situazione migliore era quella prospettata da lei, sulla base di quanto detto prima, ossia del fatto che in quelle condizioni e non avendo altra scelta mio padre si sarebbe dato da fare per tornare quanto prima a casa ed alla vita di prima, per quanto possibile.

Dopo aver valutato la situazione ed esserci confrontati tutti e tre, pensammo che, forse, la soluzione ideale sarebbe stata quella di portarlo in un centro riabilitativo della Capitale in modo da poter monitorare mio padre costantemente. La scelta fu dettata anche dal carattere di mio padre: avevamo paura che lontano dagli affetti più stretti si sarebbe lasciato andare.

Visti i risultati, di cui parlerò in seguito, fu la scelta giusta ???? A mio avviso sì.

giovedì 12 luglio 2018

Problemi burocratici

Uno dei problemi cui ci siamo trovati dinanzi, oltre a quelli strettamente connessi con la salute di mio padre, ha riguardato gli aspetti ordinari della sua vita, come il pagamento delle bollette, la gestione del conto in banca ecc. anche in relazione al fatto  che mio padre era un libero professionista, doveva ancora andare in pensione e non si sapeva se avrebbe potuto ricominciare a lavorare.
Vediamo nello specifico quali sono le cautele che andrebbero sempre adottate in una famiglia, dal momento che quanto è capitato a mio padre potrebbe succedere a chiunque.

Vita ordinaria: bisogna cercare di garantire almeno la salvaguardia delle condizioni di vita ordinarie del malato.
Io e mio fratello vivevamo con mio padre in una casa in affitto a cui lui provvedeva, unitamente al pagamento delle utenze varie.
Ovviamente ci siamo trovati in difficoltà principalmente per quanto riguardava il pagamento del canone di locazione di casa. Ci ha aiutato nostra zia, dal momento che non avevamo un lavoro stabile.  Onde scongiurare situazioni simili, conviene predisporre (se si hanno le possibilità) una disposizione permanente di bonifico sul conto corrente dell'intestatario del contratto di locazione. Altra soluzione è quella della delega o della co-intestazione del conto corrente in questione: noi non avevamo fatto nulla di tutto questo! Quando mio padre ritornò alla vita e fu in grado di intendere e volere, provvedette lui stesso ma, fino a quel momento, fu un problema. Per quanto riguarda le utenze, nel lontano 2005 arrivavano le bollette cartacee e si poteva provvedere. Ora, con internet, conviene aprire un account, con le password alla portata di tutti, stamparle e pagarle.

Vita lavorativa:  qui la faccenda si fa nettamente più complicata e non ho una precisa soluzione da dare. Mio padre era un libero professionista ed aveva una attività in proprio. Pur nella disgrazia, gli mancava molto poco alla pensione. Versammo i contributi per suo conto, ma qui fummo aiutati anche dal fatto che conoscevamo il suo commercialista e, soprattutto, da mia zia che aveva le risorse economiche per farlo. A livello pratico, continuammo a mandare avanti la sua attività attraverso dei collaboratori ma, ovviamente, gli incassi diminuirono notevolmente. Parecchio!

Non appena mio padre si riprese, pur avendo problemi motori, con l'aiuto dell'intera famiglia, fu messo nelle condizioni di seguire, anche se marginalmente, il proprio lavoro. Ma niente fu come prima. 

giovedì 31 maggio 2018

Sanità pubblica e privata.

Come detto, mio padre tornò nell'ospedale in cui era stato operato, per terminare il decorso post-intervento ed essere avviato in un centro di riabilitazione, ma qualcosa iniziò quasi subito a non andare. Gli venne una febbre molto alta che non accennava minimamente a diminuire. I medici dicevano che era tutto regolare e faceva parte del normale decorso post-operatorio.

Quando ci vedevano, e chiedevamo lumi sulla questione, ci trattavano spesso come idioti ripetendoci la stessa, identica, cantilena. Sembrava un copione scritto che si apprestavano a recitare! Nel giro di poco tempo la situazione apparve alquanto strana. Iniziammo il solito giro di telefonate con amici e parenti medici. In breve capimmo che mio padre aveva contratto un'infezione (nel reparto) che se lo stava portando via.

Riuscimmo a salvarlo anche questa volta perchè non ci fidammo totalmente del personale medico  ospedaliero. Dobbiamo ringraziare il nostro istinto ed numerosi medici tra amici e parenti. Se non fossero concorse queste due circostanze probabilmente non ce l'avremmo fatta. In determinati momenti bisogna essere sempre all'erta e pronti a tutto. Cosa vuol dire ???? Non prendere per oro colato quanto dicono i medici, ma fidarsi del proprio fiuto e della propria sensibilità agendo tempestivamente.

In breve, nostra zia, nonché sua sorella, informò me e mio fratello che aveva trovato una soluzione alternativa all'ospedale ove portare immediatamente nostro padre: era una blasonata clinica privata (….di cui, ovviamente, non farò il nome...) nella quale, a suo dire, lo avrebbero recuperato. Noi figli eravamo un tantino titubanti, anche per i notevoli costi di queste strutture, che non ci potevamo permettere totalmente, ma eravamo altrettanto vincolati nella scelta poiché non c'era tempo da perdere: nostro padre  stava sempre più male.

Nostra zia ci rispose che aveva l'assicurazione e dovevamo stare assolutamente tranquilli.
Purtroppo nella blasonata clinica fecero poco o niente, mangiandoci letteralmente i soldi, anche se mio padre migliorò, uscendo dalla situazione di pericolo causata probabilmente da un'infezione contratta nel reparto ospedaliero

Certo: aveva una stanza singola e veniva controllato di continuo, ma non fecero nulla di più di quello che avrebbe potuto fare una struttura pubblica. Tuttavia non potemmo comportarci diversamente.

Quando venne presentato il conto nostra zia si sentì male, perchè chiedettero che venisse pagato l'intero importo prima dell'intervento assicurativo. Parliamo di una cifra veramente da capogiro. Così chiese a me e mio fratello di anticipare una parte dell'importo (soldi che avevamo grazie ad un terreno appena venduto, lasciatoci in eredità da nostra madre). Dopo qualche tempo l'assicurazione rimborsò tutti i soldi ma noi non vedemmo mai un euro.....

Riuscimmo a salvare mio padre per una serie di situazioni, ma una famiglia normale ce l'avrebbe fatta???  La risposta è no! Sarebbe morto in ospedale.

Noi siamo stati fortunati perchè nostra zia aveva messo da parte qualche soldo e qualche altro lo avevamo noi, eppoi perchè sapevamo esserci l'assicurazione.

Apro un capitolo sull'argomento. In questi casi, anche se può risultare estremamente difficile per una serie di motivi, occorre accertarsi che la compagnia assicurativa effettivamente paghi, le modalità di pagamento e la somma in concreto elargita. Siccome i contratti sono spesso complicati il consiglio, prima di intraprendere qualsiasi iniziativa con il rischio di trovarsi nei guai, è consultare direttamente l'assicurazione stessa oppure far vedere il contratto assicurativo ad un avvocato, possibilmente esperto di contrattualistica.

mercoledì 23 maggio 2018

Esplodono i problemi familiari!!!!

Uno dei problemi che mi trovai ad affrontare e che esplosero letteralmente quando mio padre stette male, fu il rapporto con le mie due zie: la sorella, di un anno più giovane, e la zia (cioè la mia pro-zia). Io e mio fratello, nonostante i caratteri diametralmente opposti, nei momenti di difficoltà siamo sempre riusciti a far “quadrato”. Con le zie, invece, era totalmente diverso. Entrambe non sposate e con un carattere prevaricatore, nel momento in cui Giulietto stette male iniziarono a combinarne di tutti i colori. Chi legge magari si sta chiedendo come mai non fosse successo prima. Semplicemente mio padre faceva da “cuscinetto” tra me, mio fratello e loro. In che modo non l'ho mai compreso appieno però noi,  fino a quel momento, eravamo riusciti più o meno a starne alla larga. Da quel giorno in poi ci trovammo ad affrontare anche questa situazione che non era per nulla facile.

Purtroppo quanto capitò a me e mio fratello è assai comune. Tra i vari fatti che si verificano quando un familiare stretto si trova in situazioni di infermità, totale o parziale che siano, vi è quello del rapporto con altri componenti della famiglia e spesso con i parenti. Situazioni a volte latenti che si palesano all'improvviso, creando non pochi problemi. 

Come vanno gestite ???? Inutile dire che si dovrebbe pensare in primis a tutelare la persona che sta male, ma difficilmente questo succede. Anzi, come tra due coniugi che si separano i figli diventano l'oggetto inconsapevole di pretesti e ripicche, così in questi casi si “usa” la persona malata per dar sfogo alle faccende irrisolte e spesso chi sta male finisce in secondo piano.....

Tornando al quesito iniziale. In tutta franchezza una risposta chiara e precisa non la so dare se non quella di circoscrivere il più possibile gli attriti e pensare sempre alla persona che sta male, che va tutelata prima di tutto. Facile a dirsi ???? Ovviamente...... 

Infatti quello che non si doveva fare l'ho fatto. Reagivo alle provocazioni con rabbia aumentando il caos, stando in perenne tensione

Tensione, ovviamente, aggiunta alla situazione già estremamente complicata. Ero arrivato al punto da dipendere da questi screzi familiari amplificandone gli effetti. Il risultato ???? Non ero utile a mio padre o, perlomeno, non lo ero nella maniera corretta. E non andava bene

Avevo anche una vita privata da mandare avanti, ma venivo troppo assorbito da quelle dinamiche familiari e non riuscivo a godermi i rari momenti di tranquillità. Il meccanismo era più o meno lo stesso: io o mio fratello subivamo qualche cattiveria gratuita dalle zie (che spesso si manifestava anche solo attraverso semplici insulti), mi arrabbiavo a più non posso, litigavo, eppoi passavo il tempo a chiedermi il PERCHE' di simili comportamenti. Niente di più sbagliato, perchè la risposta non c'era, così come era impossibile averne da loro che si ritenevano sempre e comunque nel giusto.
 
Dopo parecchio tempo ho imparato (almeno per quanto è successo fino ad ora) a gestire situazioni del genere, ma come ci sono arrivato lo vedremo con calma. 

venerdì 11 maggio 2018

1 anno

Ciao Giulietto, stavolta non racconto la tua/nostra storia. No. Questa volta voglio scriverti sperando che tu legga le pagine nelle pagine di questo blog che ti ho dedicato. Inutile dirti che mi manchi da morire. Inutile dirti che è passato un anno che te ne sei andato, ma che sembra una vita. Inutile dirti che non c'è momento che non ti penso.

Spesso mi sento confuso e vorrei passare a farmi due risate con te o solo chiamarti per sentire come stai. Quando se ne è andata mamma sono stato malissimo e per molti anni. Tu lo sai. Per me era un punto d'appoggio: la persona equilibrata che riusciva a trovare la chiave di apertura in me per farmi riflettere ed agire al meglio.

Con te il discorso è stato diametralmente opposto. Tu ne hai combinate tante, lasciando me ed Emiliano nei guai, ma siamo riusciti a costruire il nostro rapporto da zero in questi lunghi anni della malattia, durante i quali ho imparato a volerti bene e rispettarti perchè sei/eri una brava persona e dal grande cuore.

A quasi cinquant'anni parlare di smarrimento può sembrare ridicolo, ma è la verità.

Se di fatto tu dipendevi da me, in realtà la tua presenza mi dava fiducia, anche se litigavamo spesso ed ero quasi sempre preoccupato per il nostro futuro. Parlavamo poco di noi, ma a me non importava.
C'eri e coglievo ogni tuo minimo gesto di affetto nei miei confronti.

In questo anno mi sono dovuto reinventare da questo punto di vista. Ho dovuto reinventare una vita senza la tua presenza fisica, ben sapendo che ti sento spesso con me. Ho dovuto imparare a convivere con questo vuoto e forse, paradossalmente, mi ha dato più carica.

Non conosco quale sarà il mio domani, ma cerco di viverlo combattendo come se lo stessi facendo per te. Vorrei tanto sapere dove sei adesso e se ti stai divertendo. Se hai finalmente abbandonato le tue sofferenze. Se te la stai spassando. Mi auguro che un giorno ci si possa incontrare di nuovo, perchè se è vero che ci siamo detti tutto, è altrettanto vero che avevamo molto tempo ancora da passare insieme.

Ora ti saluto e spero che tu possa sentire il mio forte abbraccio. Sempre con te ed orgoglioso di te.

martedì 17 aprile 2018

Un Natale strano......

Qui inizia il “bello”. Avuto contezza che l'operazione era andata bene, grazie ad Alfredo il nostro medico di base, che era anche uno dei suoi migliori amici, facemmo trasferire quasi immediatamente mio padre in un altro ospedale dove avevano un reparto attrezzatissimo (del quale per principio non farò il nome, ma lo meriterebbe, grazie alla professionalità del personale) ove stette per qualche tempo. Ricordo la prima volta che me lo fecero vedere: non lo riconobbi. Aveva la testa gonfia ed il viso deformato. Giulietto si era sentito male a metà dicembre e, nel frattempo, si era fatto Natale.

Terrò sempre in mente un episodio del giorno di Natale: mio padre era in stato di semi-incoscienza ma, tuttavia, ogni tanto parlava e rispondeva. Gli chiedemmo che giorno fosse e ci disse che era Natale. Gli chiedemmo pure qualche notizia sul calcio (la sua passione). Ci disse che in Inghilterra avrebbero giocato il giorno dopo. Sia io che i miei familiari (mio fratello e le mie zie) rimanemmo allibiti da queste parole e non fummo mai in grado di spiegarci l'accaduto, ne lui si ricordò mai l'episodio.

Passato il periodo più critico, fu trasferito nuovamente nell'ospedale dove lo avevano operato.
Ricordo quei giorni di festa come molto strani, per non dire brutti. Ero abbastanza spaesato. Da una parte felice perchè notavo che mio padre dava segni di ripresa. Dall'altra, avevo una terrificante paura del futuro. Non sapevo come si sarebbe evoluta, ed in quali termini, la questione. Quanto ci avrebbe messo mio padre per recuperare ???? Sarebbe tornato quello di prima ??? Quanto sarebbe dovuto restare chiuso in qualche ospedale ???? In più c'erano i moltissimi problemi familiari (di questi parlerò successivamente) e, come al solito, la situazione lavorativa personale che non era affatto rosea, anche se di lì a poco si sarebbe presentata una buona occasione.

mercoledì 11 aprile 2018

Tre giorni tremendi!!!

Nemmeno a farlo a posta il giorno dopo l'operazione di mio padre avrei dovuto sostenere gli scritti dell'esame per l'iscrizione all'albo degli Avvocati. Una vera follia. Tre giorni di delirio assoluto durante i quali non hai alcun contatto con il mondo esterno, se non quando termini la prova scritta.

Nella drammaticità della faccenda mi trovai dinanzi ad una scelta molto dura: fare la spola tra ospedale e casa, aspettando notizie di mio padre, oppure provare a fare gli scritti ???? Mille dubbi mi assalirono in poche ore. Piangevo, avevo il cuore a pezzi, ma non volevo nemmeno perdere la possibilità di fare qualcosa di buono. Qualcosa per la mia vita che avrebbe potuto permettermi di gettare basi concrete per il futuro. In un momento di lucidità valutai la situazione nella sua interezza. Stando a casa o in ospedale non avrei potuto fare nulla di concreto per mio padre, ma andando a fare la prova scritta dell'esame non sarei stato informato costantemente degli sviluppi.

Scelsi questa seconda opzione ben sapendo che, al pomeriggio, quando sarei entrato in possesso del telefonino, avrei potuto trovare qualche messaggio con brutte notizie. Informai mio fratello delle mie intenzioni ed il giorno dopo andai a sostenere la prima prova degli esami.

A distanza di molto tempo ricordo perfettamente quei giorni di dicembre 2005 in cui andai a sostenere gli scritti per l'esame da Avvocato. La mattina mi alzavo con una sensazione di scombussolamento totale e fino a quando entravo dentro le aule avevo il terrore del telefonino. Il terrore che arrivasse qualche brutta notizia.

Così quando uscivo la sera e lo accendevo. Nel mezzo tanta tristezza e preoccupazione. Più tentavo di essere freddo e razionale e più i pensieri mi assalivano. Se sono riuscito a terminare le prove durante i tre giorni, molto lo debbo ai miei amici dell'università che hanno fatto l'esame con me e stavano nella mia stessa aula. Non mi lasciavano solo un attimo fin quando iniziava la dettatura dei compiti e dopo mi seguivano spesso con lo sguardo. Non so cosa avrei fatto senza di loro. Stavo lì per forza di inerzia. Infatti lo scritto andò male. 

mercoledì 4 aprile 2018

Quando accade.....

Spesso ci si trova totalmente impreparati, per non dire spaesati. Mio padre si sente male un pomeriggio: lo trovo riverso nel letto e chiamo subito l'ambulanza. Lì per lì penso ad un infarto ed inizio a praticare il massaggio cardiaco (pur non sapendolo fare), per evitare di restare immobile. Capisco subito che la situazione è drastica. Fortunatamente l'ambulanza arriva dopo poco e lo portano nel vicino ospedale. Iniziano tutta una serie di difficoltà, perchè quando ti dicono che la faccenda è grave fai fatica a non andare subito nel pallone, perdendo la lucidità.

Il primo problema immediato è interagire con il personale medico, anche per chi è del settore. Il malato, dopo essere portato al pronto soccorso, viene visitato ed i parenti si trovano ad aspettare notizie, non dandosi pace e, spesso, chiedendo a più non posso. La cosa migliore da fare è solo munirsi di santa pazienza ed attendere risposte dal personale medico.

Accade che, mentre siamo in attesa al pronto soccorso, esce una dottoressa molto giovane per darci informazioni, dicendo a me e mio fratello che mio padre ha avuto un aneurisma e, probabilmente, non è operabile. In pratica è spacciato.

Ovviamente il dolore ti assale e non sai più che fare ed a chi rivolgerti. Avendo mio padre dei cugini medici  (oltre a numerosi amici nel settore), iniziamo ad effettuare una serie di telefonate, pregando di intervenire.  L'attesa non è breve, ma riusciamo a sapere che avrebbero provato ad operarlo.

Fortunatamente finisce nelle mani di un neurochirurgo di livello assoluto che gli salva la vita dopo numerose ore di intervento al cervello e dopo aver applicato una “clip” alla vena che era esplosa.

In quei momenti, per quanto sia, non hai la lucidità per pensare ad altro ed al futuro, anche perchè spesso non lo sanno nemmeno i medici cosa avverrà dopo. Se l'operazione riesce si limitano a comunicartelo facendoti delle previsioni di massima. Tu che sei il parente del malato, ovviamente, vorresti sapere tutto per filo e per segno, ma la maggior parte delle volte non è possibile.

venerdì 30 marzo 2018

La Pasqua con Giulietto.

Siamo a Pasqua. Ne approfitto per raccontare qualche aneddoto divertente su questi giorni con Giulietto. 

Se il Natale è stato sempre passato insieme, il giorno di Pasqua spesso è stato “libero” nel senso che io e mio fratello, fin dalla morte di nostra madre nel 2001, eravamo liberi di poter andare a trovare i nostri zii di Milano.

A Giulietto non dava fastidio il fatto di non passare la Pasqua insieme. Su un punto, però, era intransigente: la tradizionale colazione pasquale, fatta con uova sode, salame e, soprattutto, la classica torta salata a base di formaggio, con le uova incastonate dentro. Non preparare la colazione nella dovuta maniera, comprando anche i migliori prodotti, equivaleva a sentire urla e strilli che si udivano per tutto il palazzo o fino a Milano.

Per noi era stress, però eravamo anche molto contenti e, quando stavamo a Roma con lui, il divertimento era assicurato. Giulietto divorava tutto e se ti vedeva togliere qualcosa dalla tavola mentre lui mangiava partivano subito parolacce, salvo poi immediatamente ravvedersi per il giorno Santo.

Altro momento di risate a più non posso era l'apertura dell'uovo di cioccolata che, ufficialmente, avveniva dopo pranzo. Il problema era che nei giorni precedenti Giulietto veniva spesso subissato di uova al cioccolato, come i Re Magi facevano con il Bambinello a Natale. Quando ciò non accadeva oppure la cioccolata era poca, si rivolgeva alla fida Agnese per farsi comprare un uovo di nascosto. Ovviamente veniva scoperto e si beccava qualche rimprovero, cui seguivano da parte sua una serie di parolacce ed urla che facevano morire dalle risate.

Negli anni, se per me la torta pasquale era diventata uno stress, invece la scelta dell'uovo era un divertimento. Ho spaziato dalle uova artigianali (preferiva sempre quelle al latte) a quelle della Lazio, ad altre di marche prestigiose. Pasqua del 2017 non l'abbiamo passata insieme ma gli ho comprato un uovo gigante. Era molto contento anche se non lo mangiò tutto. Erano i segnali visivi che aveva mollato la presa......


lunedì 26 marzo 2018

Svuotato di tutto!

Nell'esatto momento in cui Giulietto se ne è andato, mi sono sentito svuotato di tutto e senza la minima forza. Inerme.

Negli ultimi due anni ragionavo e mi muovevo come un soldato, cercando di non farmi trascinare dalle emozioni, solo spinto da un forte senso del dovere verso mio padre, verso la mia vita e nei confronti delle persone che mi volevano bene. Cercavo di fare ciò che andava fatto, guardando solo avanti. Raramente mi voltavo indietro. 

In quel momento era finito tutto. Ascanio che si alzava ogni mattina affrontando la vita di petto era improvvisamente scomparso insieme a Giulietto. Lo aveva seguito, lasciando spazio ad una persona che non aveva più la forza e la motivazione di fare nulla.

Ma dovevo ancora chiudere due faccende, almeno per il momento: c'era da organizzare l'estremo saluto da dare a Giulietto e dopo qualche giorno avrei dovuto assolutamente fare il concorso per il quale avevo studiato come un matto.

Mio fratello non era nelle condizioni di reagire ed aveva lasciato dopo poco l'ospedale. Io stavo lì, compiendo alcune formalità di rito, come la donazione delle sue cornee, mentre mi facevano compagnia Valentina (la mia fidanzata) ed alcuni amici arrivati di corsa: Antonio, Mariangela (attaccati a Giulietto per la pelle) e Corrado, il mio amico di infanzia, con cui abbiamo condiviso una vita. Fortunatamente ho potuto contare molto su Valentina che mi ha aiutato non poco, ma si sono date da fare per alcuni aspetti pratici (come il vestito e gli effetti personali) anche Simonetta, mia cognata, ed Agnese l'assistente di mio padre. Senza il loro aiuto sarebbe stato un grosso problema. Ed altrettanto grosso lo sarebbe stato se non mi fossero stati vicini anche altri amici. Mi sentivo come privo di ogni volontà. Mi muovevo per inerzia. Una sensazione strana, mai provata prima. Il giorno dopo il funerale sono andato a fare il concorso e dopo una settimana sono scoppiato fisicamente e mentalmente. Era prevedibile.

lunedì 19 marzo 2018

Un padre "sui generis".

Oggi esco un poco dal seminato, dal momento che è la “Festa del Papà”. Giulietto  non è mai stato un padre nel senso tecnico del termine. Almeno per me e per come mi relazionavo con lui. A livello economico era sempre disponibile (non ha fatto mai mancare nulla a me o mio fratello, permettendomi di portare avanti la grande passione che ho per i motori, comprandomi oltretutto la prima Harley-Davidson nel lontano 1992) e si prodigava per farci stare bene. Mancava, però, della autorevolezza tipica del padre. A volte sembrava un semplice amico, a volte un fratello, a volte....nulla! 

Il mio rapporto con lui l'ho costruito durante il periodo della malattia. Un rapporto creato tra numerose difficoltà e mille recriminazioni che nel tempo ho imparato a mettere da parte, per lasciare spazio a quel sentimento autentico che pian piano è sbocciato nei suoi confronti. Un sentimento di affetto che ha iniziato a prescindere da eventuali suoi errori commessi durante la precedente vita (quella prima dell'aneurisma, per intenderci), che si sono ripercossi inevitabilmente su me e mio fratello.

Ho iniziato, sforzandomi non poco, a voler bene a Giulietto per quello che era. Senza pensare al padre che poteva essere e non è stato. Senza pensare al fatto che senza diversi suoi errori assolutamente evitabili, avremmo potuto vivere una vita senza alcuna preoccupazione a livello economico. Ho iniziato a vedere la persona che c'era dentro e non quella che gli avevano costruito attorno.

E' stato molto difficile questo lavoro e non senza insidie, ma partire dal fatto che dovevo volergli bene perchè, in fondo, era una brava persona, una persona di cuore, mi ha permesso di non farmi ostacolare da alcune situazioni nella costruzione di questo rapporto con lui. Giulietto era come una persona a cui mancano le gambe. C'è chi si trova in questa situazione (….vedi ad esempio il pilota di auto Alex Zanardi), la accetta e ne fa la sua forza invece di sopperirvi, e chi no. Giulietto apparteneva a questa seconda categoria. Non perchè fosse un poco di buono. Semplicemente non aveva trovato, o non aveva cercato nella maniera corretta, gli strumenti per far fronte ad alcune sue lacune.

In undici anni ho costruito un rapporto in cui, alla fine, lui era diventato il figlio ed io il padre, ma non mi ha mai disturbato. Sono stato contento di volergli bene. Ho compreso quale era il percorso da seguire ed alla fine,  in certi momenti, ho trovato anche la figura paterna che mi era sempre mancata. che alla fine si è manifestata attraverso poche parole o piccoli atteggiamenti, ma sufficienti per avermi reso orgoglioso di avere vicino una persona così.

lunedì 12 marzo 2018

Sabato 13 maggio 2017: arriva una nuova stella, inizia un altro cammino!

E' sabato mattina e Giulietto è ricoverato al San Giovanni da circa una settimana. Da quando era peggiorato e non si capiva cosa avesse. Di fondo, visto il suo stato e la necessità continua di avere una persona vicino che lo aiutasse praticamente in ogni cosa, ero contrario ad un suo ricovero, ma ad un certo punto era diventato indispensabile. Mi alzo presto, dato che dormo pochissimo da molti giorni. Oltretutto di lì a qualche giorno ho i quiz di un concorso per cui sto studiando come un matto da tempo. 


C'è il sole, ma la giornata è buia. Fin dal ricovero i medici dell'ospedale mi avevano detto che c'era un'infezione in corso che stavano curando con antibiotici, ma la situazione era critica. Mi avevano parlato di “cachessia”, cioè di un progressivo decadimento degli organi. Una delle tante volte in cui avevo chiesto notizie avevano utilizzato il termine “nonnino” per riferirsi a mio padre. Lì per lì ci ero rimasto male, ma era la verità. In sei mesi aveva avuto un decadimento eccessivo. Si era invecchiato talmente tanto che dimostrava molto più dei suoi settantaquattro anni. 

Ogni volta che io e mio fratello andavamo a parlare con i medici, vedevo i loro volti, il loro rapportarsi nei nostri confronti e non faceva presagire nulla di positivo. Proprio il giorno prima avevo chiesto ai medici del reparto di farmi riportare mio padre a casa, ma si erano opposti perchè troppo pericoloso. Aveva bisogno di cure che solo in ospedale gli avrebbero potuto dare e se lo avessi portato via, secondo loro, lo avrei ucciso. Me lo vietarono e siccome non sono un medico, non mi opposi. 

Comunque quel sabato riesco a studiare un poco, anche se la testa va altrove. Non so come ma riesco a trovare la forza. Verso le undici e mezzo mi inizio a preparare per poi andare a trovare Giulietto. Arriva una telefonata. E' l'ospedale. Mi dicono di andare subito perchè Giulietto si è aggravato. Chiamo Valentina e mio fratello dicendogli di correre. Ovviamente Emiliano fa delle domande e vorrebbe delle risposte, ma non le ho. O meglio: ne conosco una ma non gliela voglio dare. Il mio cuore mi dice che Giulietto se ne sta andando. 
Salgo sullo scooter ed inizio a piangere per tutto il breve tragitto che mi separa dall'ospedale. 

Arrivo trafelato da Giulietto che è attaccato all'ossigeno ed ai vari macchinari. Ha gli occhi chiusi e respira a fatica, ma percepisce che sono con lui. La sua mano destra, che non lascio un attimo, è rossa e gonfia. Sono disperato. Il personale dell'ospedale capisce la situazione e mi stanno vicino in molti. Arrivano in rapida successione mio fratello, Valentina e mia cognata. Poi Agnese, la sua assistente. Viene chiamato il prete per l'estrema unzione. Giulietto alza il braccio e si fa il segno della croce. Io piango come un disperato, ma trovo la forza di non lasciarlo un attimo anche se, a dire il vero, è lui che sta lasciando me. Mi sta lasciando senza un padre, un amico ed un figlio, dopo che eravamo riusciti a costruire un rapporto praticamente inesistente

Nel giro di un'ora dal mio arrivo, si spegne. Tre sospiri e lascia la mia mano. Se ne va. Mi sento spaesato. Non ho la forza di fare nulla se non piangere. Ringrazio solo che mi abbia aspettato. Abbiamo iniziato e finito insieme un lungo viaggio cominciato nel dicembre del 2005. C'è una nuova stella che riuscirò a vedere sempre anche quando le nubi saranno grigie e pesanti. Il 13 maggio del 2017, intorno alle ore 14, per me inizia un altro viaggio, forse ancora più duro. Dovrò cercare di dare senso a tutto quanto accaduto, di trasformare quell'enorme dolore che mi porto sempre appresso in qualcosa di positivo.


Link presenti

All'interno di questo blog troverete diversi link attinenti al quartiere San Giovanni-Appio Latino. La zona dell'ex IX Municipio, per intenderci. Sia la famiglia di mio padre che quella di mia madre sono originarie di questo quartiere: loro stessi mi sembra si conobbero al liceo classico Augusto. Anche io e mio fratello abbiamo sempre vissuto qui ed il legame con questo territorio è molto forte, così come lo è stato fino all'ultimo per mio padre. Allo stesso modo, troverete link riguardanti la Società Sportiva Lazio tradizione, da sempre, della famiglia Gardini.

giovedì 8 marzo 2018

Perchè questo blog ????

Finalmente mi sono deciso. Mi sembrava doveroso. Era da tempo che volevo raccontare l'esperienza vissuta con mio padre in oltre dieci anni, che nello spazio di pochissimo si è trovato dall'essere un affermato professionista a dover affrontare una condizione di disabilità, con la necessità di assistenza continua.

In questi undici anni io e la mia famiglia abbiamo dovuto affrontare una serie di problematiche di cui ci saremmo aspettati. Ma in questi dieci anni ho costruito, praticamente da zero, un rapporto che prima non esisteva. Mio padre si è trasformato da Pier Giulio in Giulietto ed alla fine il rapporto si era sovvertito, essendo praticamente lui il figlio.

Questo blog (che cercherò di aggiornare con cadenza settimanale), quindi, non solo vuole essere solo un omaggio ad una persona che ho imparato ad amare nel tempo e che mi ha lasciato un vuoto incolmabile. Una persona incredibilmente buona, ma anche estremamente complicata e difficile. In questo spazio virtuale voglio raccontare e descrivere anche tutte le situazioni che sono capitate e di cui ho memoria, cercando di offrire un valido aiuto a chi si trova nella medesima condizione. E non parlo solo di problemi pratici, ma anche di stati d'animo e condizioni strettamente personali. Perchè se è vero che sono stati anni molto duri e che la mancanza di Giulietto si fa sentire sempre di più, è anche vero che ne sono uscito arricchito a livello interiore. Circostanza di cui mai e poi mai mi sarei aspettato. Buona lettura a tutti!